Che legame ci può essere tra un coordinamento per le ciclabili e il no al Centro Oli di Ortona e alle trivellazioni petrolifere nel teramano? Molto più di quanto non sembri.
Infatti la riconversione del modello di mobilità dall’auto privata verso un’intermodalità composta da bici+mezzi pubblici è uno dei fronti della lotta alla dipendenza da petrolio.
Se la bici non è vista come semplice strumento di passeggio domenicale –che è già un progresso rispetto alla Mercedes “da parata” domenicale sul lungomare- ma come strumento sistematico per gli spostamenti casa-scuola, casa –lavoro e per fare acquisti allora diventa una seria alternativa; e per far questo occorrono da un lato la diffusione di un’adeguata cultura della mobilità sostenibile per modificare i comportamenti, dall’altro una rete ciclabile che permetta di pedalare in tutta sicurezza e comodità.
Certo la mobilità è solo uno dei fronti anti petrolio, assieme alla razionalizzazione-riduzione dei consumi, che permetterebbe anche di ridurre i rifiuti e le relative discariche, oltre al tema centrale della produzione energetica.
Nei numerosi dibattiti portati avanti anche da Legambiente e WWF contro il Centro Oli si ribadisce la necessità di puntare sulle energie alternative, come quella che si terrà oggi, 16 gennaio, ad Ortona:
“Una conferenza che ricorderà e riproporrà con i presidenti di WWF e Legambiente Dante Caserta e Angelo Di Matteo, che il futuro ci impone di uscire dall' economia che avvelena e distrugge, per uno sviluppo reale e una economia del rispetto per le generazioni future e quindi della terra, puntando sulle energie alternative” (v. pagina web).
È tempo che le popolazioni diventino protagoniste responsabili e informate del proprio futuro, e che vengano quindi interpellate nel dibattito su scelte fondamentali per il futuro dei territori e del pianeta intero.
È necessario ragionare apertamente e senza pregiudizi sulle strategie energetiche, nella speranza che si punti finalmente, e non solo a parole, sulle energie rinnovabili.
Infatti dire no al petrolio in casa propria vuol dire continuare a bruciare petrolio raffinato senza alcuna cautela ambientale nei paesi più poveri del mondo, e nel contempo continuare ad alterare l’equilibrio climatico globale che colpirà “democraticamente” tutti gli abitanti del pianeta.
Alessandro Tursi